Manuale – Capitolo 8 – Chimica applicata

CHIMICA APPLICATA

Il ruolo della chimica nel settore delle costruzioni ha molteplici aspetti per quanto riguarda i materiali in esso utilizzati. Sinteticamente e per non annoiare il lettore esso può riassumersi come segue:

A) Definizione delle caratteristiche e dei requisiti dei materiali (chimiche e chimicofisiche).

B) Definizione delle compatibilita reciproche nel caso dell’impiego di insiemi più o meno complessi di materiali diversi (conglomerati e manufatti in genere).

C) Definizione e studio delle cause naturali o artificiali di degradazione di materiali ovvero di insiemi più o meno compositi (degradazioni, corrosioni… etc.).

Appare quindi evidente che ogni materiale può essere esaminato singolarmente e senza tener conto degli altri materiali come dell’ambiente nel quale verrà collocato oppure tenendo conto che esso inevitabilmente dovrà sottostare ad azioni del sistema che concorrerà a costituire e dell’ambiente nel quale verrà collocato. Questo secondo modo di affrontare la problematica della sperimentazione ci sembra oggi molto più opportuna se si pensa solamente alle conseguenze di carattere economico e di prestigio che un’opera mal pensata e/o mal eseguita, sotto gli aspetti anzidetti, può arrecare agli operatori del settore delle costruzioni. È per questa attività che il settore chimico dell’Istedil è stato creato e, negli anni, potenziato. È prematuro oggi pensare (anche se per molte opere è già avvenuto) ad una diffusa richiesta della chimica applicata come sopra configurata, fin dalla fase di redazione del progetto o del capitolato in stretta collaborazione con i progettisti delle strutture di un’opera: è più comune che le richieste provengano ad opera iniziata; sono anche frequenti le richieste per determinare le cause che hanno provocato determinati deterioramenti; tutto ciò ci si augura che un futuro sia modificato man mano che cambiano certi atteggiamenti culturali. In altri settori industriali l’avanzata tecnologia ha infatti imposto procedure che una volta definito l’uso al quale un oggetto ovvero un prodotto è destinato e stabiliti certi requisiti minimi inderogabili, verifichino velocemente nel corso della produzione il rispetto della costanza degli standard qualitativi definiti per l’ottenimento dell’oggetto e del prodotto conforme a quel particolare progetto. Definito il ruolo del settore chimico dell’Istedil, vediamo brevemente il campo di attività per poi, successivamente, esaminare più in dettaglio le analisi e le prove che vengono effettuate.

Il campo di attività è rivolto a tutte le fasi del processo costruttivo, pertanto si potranno esaminare:

– terreni,

– acque,

– materiali costituenti le fondazioni,

– le strutture,

– le tamponature,

– gli impianti ed i servizi,

– le opere di finitura esterne ed interne,

– le coperture,

con lo scopo di definire l’idoneità all’uso in funzione dei requisiti richiesti, la durabilità ovvero la resistenza a fattori ambientali più o meno aggressivi, le compatibilita reciproche dei materiali nel caso frequente di insiemi più o meno complessi… etc.

 

1.ACQUE

 

I requisiti richiesti per le acque dipendono dall’impiego a cui sono destinate. Diversi saranno quindi i requisiti nel caso delle acque per uso potabile o per far funzionare caldaie da riscaldamento, impianti di refrigerazione… etc, ovvero per confezionare malte e calcestruzzi.

 

1.1 Analisi per uso potabile

 

Scopo:

Verificare l’assenza di sostanze chimiche o di microorganismi incompatibili con l’uso alimentare al quale l’acqua è destinata: si deve pertanto ricercare l’eventuale presenza e quantità di germi patogeni e di sostanze chimiche quali l’ammoniaca, i nitriti, i nitrati, i fosfati, l’idrogeno solforato… etc.

Metodica:

Analisi chimica e analisi batteriologica dei campioni prelevati in ambiente sterile da personale qualificato da effettuarsi secondo le disposizioni emanate dagli organismi preposti (Ministero della Sanità. Regioni, Organizzazione Mondiale della Sanità).

 

1.2 Analisi per l’uso in impianti termici

 

Scopo:

Verificare l’assenza di sostanze direttamente ovvero indirettamente dannose all’impianto nel quale l’acqua viene utilizzata onde evitare incrostazioni, corrosioni, fragilità caustica… etc. A seconda dei casi si deve quindi verificare il pH, la durezza, l’alcanilità, il tenore di ferro, manganese, anidride carbonica, idrogeno solforato e la torbidità.

Metodica:

Procedure qualitative e quantitative proprie della Chimica Analitica.

 

1.3 Analisi di acque di scarico

 

Scopo:

In base alla legge 10/5/1976 n. 319 e successive modifiche è previsto che le acque utilizzate per usi civili ed industriali, prima di essere immesse allo scarico, debbano possedere requisiti tali da non inquinare l’ambiente nel quale vengono immesse. Tale legge riporta limiti diversi per i parametri chimici indicati che devono essere rispettati e controllati a seconda del tipo di uso civile ovvero di lavorazione industriale alla quale l’acqua è destinata.

Metodica:

La stessa legge n. 319 consiglia metodi di analisi facendo riferimento a quaderni pubblicati a cura del C.N.R. nei quali vengono citate le più affidabili procedure della Chimica Analitica.

 

1.4 Analisi per idoneità all’impasto di malte e calcestruzzi

 

Scopo:

Verificare l’assenza di sostanze che possano interferire con i fenomeni di presa ed indurimento dei conglomerati a base di leganti aerei od idraulici. Si ricercherà pertanto l’eventuale presenza di Sostanze organiche, cloruri, solfati, solidi sedimentabili, anidride carbonica… etc… in tenori tali da essere considerate dannose.

Metodica:

Procedure qualitative e quantitative proprie della Chimica Analitica.

 

2. LEGANTI AEREI ED IDRAULICI, MALTE E CALCESTRUZZI

 

I leganti, come è noto, sono dei materiali da costruzione impiegati allo scopo di legare e cementare altri materiali (pietre, blocchi, laterizi… etc.): impastati con acqua ed eventualmente in miscela con sabbia e/o ghiaia e pietrisco forniscono una massa plastica che una volta indurita è in grado di sviluppare, nel tempo resistenze meccaniche talvolta anche assai elevate. Si distinguono in:

— Leganti aerei (induriscono all’aria) = calce aerea e calce idrata; gesso; calci idrauliche: cementi.

— Leganti idraulici (induriscono all’aria e nell’acqua) = calci idrauliche; cementi.

 

2.1 Gessi

 

Le analisi e le prove tendono a verificare i requisiti qualitativi in base alla composizione dei:

– Gessi per l’edilizia a base di solfato di calcio emidrato (CaS04 • 1/2 HzO);

– Gessi per l’edilizia a base di anidride (CaSO,):

– Gessi per l’edilizia contenenti solfato di calcio emidrato e anidride in varie proporzioni; ed in funzione del loro impiego: gessi per muro, per intonaco, per pavimenti ed usi vari.

Nei gessi per l’edilizia si considerano le caratteristiche:

a) fisiche

b) meccaniche

e) chimiche

 

2.1.0 Definizione e scopo delle determinazioni

2.1.1 Fisiche

2.1.1.1 Granulometria

 

La granulometria deve rispettare la percentuale di passante ai setacci indicata dalle norme per garantire una buona reattività con l’acqua di impasto: infatti una prevalenza di grumi grossolani sarebbe deleteria in fase di indurimento poiché la parte interna dei grumi più grossi rispetto alla massa più fine reagirebbe in ritardo con l’acqua e si verificherebbe un ulteriore aumento di volume quando il conglomerato o la pasta sta già indurendo: questo provocherebbe la comparsa di bottaccioli, crepe e/o fessure.

 

2.1.1.2 Impasto normale

 

Si definisce impasto normale il rapporto in massa gesso/acqua risultante dalla quantità di gesso in grammi che viene umidificata da 100 grammi di acqua. Tale determinazione serve a stabilire il rapporto ottimale gesso/acqua per consentire da una parte una completa idratazione del gesso emidrato o anidro in una forma di cristallizzazione piuttosto che in un’altra e senza che siano esaltati i fenomeni di ritiro conseguenti alla fase di indurimento, come sicuramente si avrebbe utilizzando un eccesso di acqua per l’impasto.

 

2.1.1.3 Tempo di presa

 

Si definisce tempo di presa l’intervallo di tempo che intercorre tra l’inizio dell’operazione dell’impasto (impasto normale) e l’inizio della brusca diminuzione della plasticità dello stesso. Per i vari tipi di gesso in funzione dell’impiego sono previsti tempi di presa diversi: la loro durata è anche in funzione del tempo necessario all’applicazione alla quale ogni tipo è destinato.

 

2.1.1.4 Tempo di attesa, tempo di idratazione totale ed espansione lineare

 

Sono queste, caratteristiche tecnologiche la cui definizione è facilmente intuibile dalla stessa denominazione: i limiti per queste caratteristiche vengono di solito lasciati dalla normativa ad accordi particolari fra committente e produttore, ovvero alla valutazione del committente a seconda degli usi ai quali vorrà destinare il materiale.

 

2.1.1.5 Durezza, resistenza a trazione, resistenza a flessione, resistenza a compressione

 

Per la definizione di queste caratteristiche. del resto abbastanza intuitive si rimanda alle normative: lo scopo, invece, delle prove è quello di verificare la rispondenza a prefissati limiti qualitativi a seconda dell’uso al quale il legante aereo gesso è destinato.

 

2.1.2 Chimiche

2.1.2.1 Tenore di acqua totale di costituzione, tenore di solfato di calcio totale e tenore di sostanze estranee al solfato di calcio totale

 

Lo scopo di queste determinazioni è soprattutto quello di verificare la rispondenza qualitativa del prodotto che si intende utilizzare non solo dal punto di vista tecnico ma soprattutto da quello economico. Infatti, sono previste tre qualità di gessi per l’edilizia sia in funzione del contenuto minimo di solfato di calcio totale che come tenore massimo di sostanze estranee.

 

2.2 Calci aeree ed idrauliche

 

Le analisi e le prove sulle calci tendono a verificarne i requisiti qualitativi previsti per ciascun tipo dal R.D. 16/11/39 n. 2231 (NORME PER L’ACCETTAZIONE DELLE CALCI) e D.M. 31/8/72 (NORME SUI REQUISITI DI ACCETTAZIONE E MODALITÀ DI PROVA DEGLI AGGLOMERATI CEMENTIZI E DELLE CALCI IDRAULICHE).

Questi materiali agli effetti delle norme si dividono in:

A – CALCI AEREE

a – calce aerea in zolle

b – calce magra in zolle

e – calce idrata in polvere

– fiore di calce

– calce idrata da costruzione.

B – CALCI IDRAULICHE

a – calce idraulica naturale in zolle

b – calce idraulica naturale o artificiale in polvere

e – calce eminentemente idraulica naturale o artificiale in polvere

d – calce idraulica artificiale siderurgica in polvere.

C – AGGLOMERATI CEMENTIZI

a – a lenta presa

b – a rapida presa

Per le definizioni dei vari tipi di calci ed agglomerati cementizi si rimanda alle leggi già citate. Anche in questo caso le prove previste dalle norme tendono a verificare la rispondenza ai limiti imposti per garantire che tali materiali siano prodotti in maniera da assicurare requisiti qualitativi minimi, sia ai fini dell’impiego tecnologico che dal punto di vista economico. Le caratteristiche che si controllano sono:

A – Fisiche

B – Meccaniche (solo per calci idrauliche ed agglomerati cementizi)

C – Chimiche

 

2.2.0 Scopo delle determinazioni

 

Lo scopo delle determinazioni e delle prove nelle calci, come già detto, è quello di verificare la rispondenza ai limiti imposti dalle norme. Senza entrare nel dettaglio di ogni singola determinazione vediamo di spiegare qualche perché. Per le calci aeree in zolle (calce viva), come è noto, è necessario all’impiego procedere allo spegnimento, cioè alla formazione in miscela con acqua, dell’idrato i calcio. Tale procedura si deve attuare qualche settimana prima dell’impiego per ottenere una completa idratazione che oltretutto è un processo chimico fortemente esotermico (si sviluppa cioè molto calore). La resa in grassello e la determinazione dell’ossido di calcio e dell’ossido di magnesio ci indicherà, quindi, se la calce è magra o grassa e ne stabilirà la purezza. Se lo spegnimento viene effettuato (adottando opportuni accorgimenti) con la quantità stechiometrica di acqua (cioè con l’esatta quantità di acqua necessaria ad idratare completamente tutto l’ossido di calcio presente) si ottiene l’idrossido di calcio secco, in polvere tale prodotto generalmente si pone in commercio sotto il nome di calce idrata. Come nel grassello anche nella calce idrata sono presenti generalmente impurezze, percentuali variabili di materiale poco o troppo cotto e, se il calcare da cui è stato derivato l’ossido di calcio era dolomitico, sarà presente dell’idrossido di magnesio poco reattivo e con scarsa capacità legante.

Con altre determinazioni, quali il contenuto di umidità, di carboni ed impurità, di idrossido di calcio e di magnesio, il residuo ai vagli da 900 a 4900 maglie/cmq e la stabilità di volume, si verificherà se siamo in presenza di un prodotto che risponde ai requisiti qualitativi previsti dalle norme. Per le calci idrauliche, che sono il prodotto della cottura di calcari argillosi, le prove e le determinazioni previste sono limitate alla verifica delle resistenze meccaniche a trazione e compressione su malta normalizzata, dopo 28 giorni di stagionatura, alla determinazione del residuo ai setacci da 900 a 4900 maglie/cmq, alla prova della stabilità di volume ed alla determinazione dell’inizio e della fine della presa a partire dall’inizio dell’impasto con acqua.

 

2.3 Cementi

 

II cemento è un legante idraulico: esso viene prodotto cuocendo delle materie prime (principalmente calcare ed argilla) finemente macinate ed intimamente mescolate.

Per l’impiego come legante, il cemento deve possedere un complesso di proprietà che derivano dal giusto proporzionamento dei composti destinati a costituirlo sia in fase di cottura (clinkerizzazione) che nelle successive lavorazioni (raffreddamento, macinazione, miscelazione, additivazione). Come previsto dalla UNI EN 196 e UNI EN 197 “MODALITÀ DI PROVE SUI CEMENTI”, nel nostro Paese le norme codificano quattro tipi di cemento:

I) Portland

II) d’altoforno

III) pozzolanico

IV) composito

distinguendoli per le resistenze meccaniche che sono in grado di conferire alla malta plastica (malta confezionata con una prefissata quantità di cemento, acqua e sabbia di granulometria definita e costante), in:

A – CEMENTI NORMALI ED ALTA RESISTENZA

a) Normale

b) Ad alta resistenza

e) Ad alta resistenza e rapido indurimento

B – CEMENTO ALLUMINOSO

C – CEMENTI PER SBARRAMENTI DI RITENUTA

Oltre a questi esistono in commercio numerosi altri tipi di cemento che possono essere raggruppati sotto la voce di “cementi speciali”; speciali sia per i particolari requisiti chimicofisici derivanti dal processo produttivo, che in funzione dell’impiego al quale possono essere destinati.

 

2.3.0 Definizione e scopo delle determinazioni previste dalla EN 196

2.3.1 Fisiche

2.3.1.1 Tempo di inizio presa (EN 196-3)

 

I tempi di presa vengono misurati con l’ago di Vicat costituito da un penetratore (ago) che può scorrere sorretto da un sostegno; l’ago può penetrare in una pasta (cemento + acqua) finché questa non assume una consistenza tale da impedire la penetrazione. La prova deve essere eseguita in condizioni ambientali rigorosamente standardizzate (20 ± 2 gradi centigradi: UR < 75) per assicurane la riproducibilità. In pratica si definisce prima per tentativi la pasta normale (o pasta standard) variando il rapporto acqua/cemento fino ad ottenere una consistenza tale che una sonda cilindrica, del diametro di 1 cm e del peso di 300 g montata sull’apparecchio di Vicat al posto dell’ago, possa penetrare nella pasta arrestandosi a 6 mm dal fondo: la pasta deve riempire una forma tronco-conica per minimizzare gli effetti laterali che potrebbero ostacolare la penetrazione della sonda. Una volta stabilita la quantità di acqua necessaria ad ottenere con un tipo di cemento la pasta normale, si eseguono su di essa le prove di penetrazione, con l’ago di Vicat (cilindro di diametro 1,13 mm); si definisce “inizio presa” il tempo necessario perché la pasta assuma una consistenza tale da far arrestare l’ago a 3 mm dal fondo: si definisce ” fine presa” il tempo necessario a fare arrestare l’ago a 0,5 mm dalla superficie superiore dell’impasto.

 

2.3.1.2 Finezza

 

Secondo le norme viene determinata ad umido impiegando setacci UNI UNI 2331-2 e UNI 23321-1 con maglia da 0,18 mm e maglia da 0,09 mm. La finezza di macinazione è importante perché da essa dipende la velocità di idratazione e quindi anche il tempo di inizio della presa e dell’indurimento del cemento. Più utile è la misura con il permeabilimetro ad aria (o di Blaine) UNI En 196-6, o apparecchiature similari, poiché in tal modo si può determinare la distribuzione della finezza della parte più fine di cemento che, con l’impiego dei setacci, non è assolutamente possibile valutare.

 

2.3.1.3 Prova di indeformabilità

 

Ha lo scopo di stabilire se il cemento può dare luogo a fenomeni espansivi, dovuti alla presenza di ossido di calcio libero e/o ossido di magnesio cristallino; per la prova si usano le cosiddette “pinze di Le Chatelier”.

Prova di stabilità EN 196-3

Per i cementi d’alto forno, contenenti più del 7 di ossido di magnesio, l’espansione deve essere misurata in autoclave con vapore alla temperatura di 215 gradi centigradi e su provini prismatici di 25 x25 x250 mm stagionati per un giorno a 20 gradi centigradi ed umidità relativa non inferiore al 90.

 

2.3.1.4 Prove meccaniche

 

Secondo le norme, come già detto, i cementi vengono divisi in categorie in base allo sviluppo di resistenze considerate in n. di tre (classe 32.5 – 42.5 – 52.5) che vengono determinate impiegando la cosiddetta malta plastica, formata da una parte in peso di cemento, tre parti in peso di sabbia e 0.5 parti in peso di acqua. I provini devono essere confezionati in ambiente a 20 gradi centigradi ed umidità relativa non inferiore al 75 e devono essere mantenuti negli stampi, per le prime 24 ore, in un ambiente a 20 gradi centigradi ed umidità relativa non inferiore al 90; nello stesso ambiente od in acqua a 20 gradi centigradi saranno maturati prima delle verifiche delle resistenze meccaniche. Le modalità di confezionamento e le apparecchiature devono essere conformi a quelle previste dalla normativa. Le prove che vengono eseguite sono la flessione e la compressione; in base ai risultati ottenuti il cemento è classificabile in una classe piuttosto che in un’altra.

 

2.3.2 Prove chimiche

 

Prove comuni a tutti i cementi

 

2.3.2.1 Perdita al fuoco

 

È la perdita percentuale in peso che il cemento subisce per riscaldamento a 950 gradi centigradi: questa prova serve a stabilire se al prodotto sono state aggiunte, per diluirlo sostanze poco costose oppure se durante l’immagazzinamento ha assorbito acqua o anidride carbonica.

 

2.3.2.2 Residuo insolubile

 

È la percentuale di cemento che resta indisciolta dopo trattamento con acido cloridrico seguito da lavaggio con soluzione di carbonato di sodio; la prova ha lo scopo di stabilire se il materiale cemento è stato mescolato con sostanze insolubili poco costose.

 

2.3.2.3 Contenuto di SOs

 

Questa determinazione ha lo scopo di accertare che la percentuale di solfato contenuta nel cemento sia mantenuta entro limiti tali da non produrre fenomeni espansivi quando il processo di indurimento è già iniziato. Il solfato deve essere presente nel cemento (clinker + gesso = cemento portland) per regolare la presa al fine della lavorabilità in cantiere.

 

2.3.2.4 Contenuto di MgO

 

Ha lo scopo di prevenire fenomeni di espansione.

Prove particolari

 

2.3.2.5 Contenuto di ALOs (per i cementi alluminosi)

 

Serve a stabilire il contenuto di una fase componente del cemento: l’alluminato di calcio (se il contenuto di ossido di alluminio, Al+03 fosse inferiore al 35, il contenuto di alluminato di calcio sarebbe inferiore al 55).

 

2.3.2.6 Contenuto di zolfo da solfuri (per i cementi d’alto forno)

 

Un contenuto eccessivo di solfuri, che all’aria poi possono ossidarsi a solfati, potrebbe causare fenomeni di espansione quando il processo di indurimento è già iniziato.

 

2.3.2.7 Saggio di pozzolanicità

 

È una prova che consente di definire se un cemento è “pozzolanico” valutando se il materiale aggiunto al cemento portland è sufficientemente reattivo con la calce di idrolisi che si forma durante i processi chimici di reazione del cemento con l’acqua di impasto.

 

2.3.2.8 Prova di espansione in autoclave

 

Ha lo scopo di stabilire il grado di espansione di un cemento qualora il contenuto di ossido di magnesio sia superiore ad un certo prefissato valore stabilito per legge. La prova viene effettuata confezionando provini prismatici di pasta normale e maturandoli in autoclave. Oltre che per il particolare caso previsto dalla legge questa determinazione è adatta, in generale, a valutare l’eventuale capacità espansive di un cemento in tempi relativamente brevi, per effetto della maturazione accelerata.

 

2.3.3 Determinazioni e prove secondo altre normative

 

Numerose altre prove possono essere effettuate sui cementi per stabilire la loro rispondenza ad usi particolari ovvero quando vengono richiesti ai conglomerati, con essi confezionati, peculiari caratteristiche; a tale proposito sia la letteratura che le norme nazionali ed internazionali sono ricche di argomenti stimolanti, di seguito vengono citate solo quelle di più generale interesse previste dalle norme UNI.

 

2.3.3.1 Determinazione della finezza mediante permeabilimetro ad aria (Blaine) – UNI 7374

 

È la determinazione della finezza ottenuta mediante la misura della superficie specifica del cemento già descritta parlando della finezza di macinazione.

 

2.3.3.2 Calore di idratazione dei cementi con il metodo per soluzione – UNI 7208

 

Si determina la quantità di calore sviluppata dal cemento idratato (cioè durante il processo di reazione con l’acqua): dalla misura delle temperature che si raggiungono nella disaggregazione, mediante l’impiego di particolari sostanze, di un campione di cemento idratato ri spetto allo stesso campione non in presenza di acqua, si calcola la quantità di calore sviluppata nel processo di idratazione. Tale informazione è molto utile quando si debbono realizzare getti massivi di conglomerato cementizio, armato o non, per minimizzare effetti indesiderati prodotti da un elevato sviluppo di calore o dal raggiungimento di elevate temperature nel getto.

 

2.3.3.3 Contenuto di alcali nel cemento – ASTM C 114

 

È una determinazione volta a valutare il tenore di ossido di sodio e di potassio in un cemento quando, per fondati motivi, si debbono attuare procedure atte a minimizzare l’interazione di questi composti con altri contenuti negli aggregati: tali reazioni potrebbero portare a breve o a lungo termine a gravi fenomeni di degradazione dei conglomerati cementizi.

 

2.3.3.4 Malta normale – Determinazione del ritiro idraulico – UNI 6687

 

Serve per valutare il ritiro assiale di provini confezionati con malta normale (malta plastica D/M/ 3/6/68) di cemento: la prova può essere effettuata senza preventiva maturazione in acqua ovvero dopo maturazione.

 

2.3.3.5 Determinazione della consistenza delle malte cementizie mediante l’impiego di tavola a scosse – UNI 7044

 

Serve a misurare la consistenza delle malte cementizie ai fini della lavorabilità. A seconda del cemento e/o delle sabbie impiegate si potranno verificare, a parità di rapporto acqua/cemento, maggiori o minori spandimenti della malta, quindi consistenze diverse, come del resto lavorando a parità di consistenza, si potrà verificare una variazione del rapporto acqua/cemento.

 

2.3.3.6 Malta normale – determinazione del contenuto di aria – UNI 7121

 

Questa determinazione ha lo scopo di stabilire la quantità di aria nella malta normale (D.M. 3/6/68), additivata oppure no, confezionata con un determinato tipo di cemento; la quantità di aria è determinata dal rapporto tra la massa volumica (peso specifico apparente) effettiva della malta e quella teorica calcolata in base ai costituenti della stessa considerata priva di aria. Un eccesso d’aria può portare, a parità di altre condizioni, ad un abbassamento delle resistenze meccaniche finali del conglomerato.

 

2.3.3.7 Malta normale – determinazione della resistenza alla penetrazione e dei tempi di inizio e fine presa – UNI 7927

 

Questa determinazione serve per valutare, in analogia a quanto previsto dal D.M. 3/6/68 per la malta plastica, i tempi di inizio e fine presa.

 

2.3.3.8 Calcestruzzo indurito – determinazione del contenuto di cemento (metodo Florentin) – UNI 6505

 

Con la metodologia prevista da questa norma è possibile valutare il contenuto di cemento in campioni di calcestruzzo indurito. Tale determinazione ha perso di importanza con l’avvento del calcestruzzo a resistenza, nel quale il dosaggio di cemento non è una richiesta contrattuale tra acquirente e fornitore, ma una caratteristica di quel particolare impasto per il quale è richiesta dall’acquirente, e deve essere garantita dal produttore, una certa classe di resistenza. Il metodo Florentin è rapido ed economico, esistono però in letteratura altre procedure, anche se più complesse e quindi notevolmente costose ma che consentono una valutazione qualiquantitativa molto completa di un calcestruzzo indurito.

 

2.3.3.9 Calcestruzzo – determinazione della permeabilità dello ione cloruro – UNI 7928

 

La prova ha lo scopo di determinare la profondità di penetrazione dello ione cloruro (CI-) in un provino posto a contatto con una soluzione di cloruro di calcio. Le informazioni che si ottengono possono consentire, tra l’altro, una valutazione indiretta della durabilità di un conglomerato per esempio armato in un ambiente nel quale sono presenti i cloruri.

 

2.3.3.10 Calcestruzzo – determinazione della permeabilità allo ione solfato – UNI 8019

 

La prova ha lo scopo di valutare la profondità di penetrazione dello ione solfato (S0=4) in un provino di cis posto a contatto con una soluzione di solfato di sodio. Tale determinazione, tra l’altro serve a valutare la facilità con la quale un calcestruzzo può degradarsi per effetto di un attacco solfatico proveniente dall’ambiente circostante (acque terreno, inquinamento atmosferico); infatti l’intensità dell’attacco solfatico, nei confronti di un conglomerato cementizio, dipende oltre che dalla quantità di solfati presenti nell’ambiente circostante, anche dalla facilità con la quale essi riescono a penetrare nel calcestruzzo (sotto certi aspetti dalla sua porosità).

 

3. AGGREGATI PER LA CONFEZIONE DI MALTE E CALCESTRUZZI – ROCCE

 

In un conglomerato cementizio (malte e calcestruzzi) la percentuale degli aggregati (inerti) è molto alta e può raggiungere 1’8 in peso del materiale: gli inerti rappresentano pertanto il costituente più importante e determinano in buona misura le proprietà di una malta o di un calcestruzzo. Le funzioni degli inerti sono:

— Costituire lo scheletro del conglomerato contribuendo in maniera predominante alle sue caratteristiche meccaniche.

— Contrastare con l’elevato modulo elastico l’elevato ritiro che caratterizza una pasta cementizia.

— Ridurre la quantità di legante, abbassando sensibilmente il calore sviluppato dall’impasto.

Gli inerti differiscono tra loro per le dimensioni e la diversa natura. Per quanto riguarda le caratteristiche fisiche si rimanda alla parte del repertorio delle malte (laboratorio aggregati).

Per quanto riguarda la loro natura diremmo che si possono impiegare quasi tutti i tipi di roccia tranne quelle che contengono i seguenti componenti dei quali è necessario conoscere preventivamente la concentrazione:

— Gesso: può reagire con dei componenti del cemento provocando fenomeni espansivi.

— Miche: costituiscono dei punti di debolezza nei manufatti induriti a causa della loro sfaldabilità.

— Argille: se presenti in grosse percentuali, ricoprono gli inerti e possono impedire alla pasta di cemento di aderire su di essi, provocando lo scadimento delle resistenze meccaniche del conglomerato indurito.

— Pirite e pin-otite (solfuri di ferro): come nel caso del gesso possono provocare fenomeni espansivi.

— Silice non cristallina: se presente può reagire con gli alcali del cemento consentendo la formazione di prodotti con caratteristiche espansive.

Una classe a parte è costituita dagli inerti leggeri che possono essere di origine naturale od artificiale:

— Le perlite

— La pomice

— L’argilla espansa

— Il tufo

— Il lapillo

— Le ceneri vulcaniche

— Le ceneri da combustione sintetizzate. Anche per questi materiali vale il concetto di esaminarli per accertare l’eventuale presenza di sostanze che possono provocare effetti indesiderati sui conglomerati che li costituiscono.

 

3.1. Determinazione colorimetrica del contenuto di impurezze organiche degli aggregati fini – UNI EN 1744-1

 

Serve a valutare se il contenuto di impurezze dell’inerte è tale da non renderlo più idoneo agli usi cementizi a meno di un pre-trattamento (ad esempio: accurato lavaggio).

 

3.2. Determinazione dei solfati  UNI EN 1744-1

 

La prova viene effettuata per conoscere il tenore dei solfati presente negli aggregati per impasti cementizi e, quindi, adottare tutte le misure tecnologiche idonee a minimizzare ovvero rendere inefficace la eventuale azione disgregante delle reazioni chimiche, provocate dalla presenza di questi sali in particolari concentrazioni. La metodologia di prova seguita fa parte delle procedure della chimica analitica qualiquantitativa.

 

3.3 Determinazione dei cloruri  UNI EN 1744-1

 

La prova viene effettuata per conoscere il tenore dei cloruri presenti negli aggregati destinati ad essere impiegati per la confezione di conglomerati cementizi. l presenza di cloruri, in certe concentrazioni, non è desiderata ovvero deve essere conosciuta per meglio contrastare l’azione che questi sali possono esplicare sui tempi di presa e di indurimento dei conglomerati, su possibili effetti corrosivi nei confronti dell’acciaio delle armature, su possibili azioni fisiche disgreganti del conglomerato indurito derivanti da cicliche cristallizzazioni-solubilizzazioni. Le metodoloeie di prova fanno parte della chimica analitica quali-quantitativa.

 

3.4 Sondness of Aggregates – ASTM C 88

 

Questa determinazione è prevista per valutare il grado di compattezza di un aggregato destinato ad essere impiegato per usi cementizi. Mediante l’immersione in soluzioni di solfato di sodio o di magnesio ed il successivo essiccamento, ripetuto più volte, si può quantificare la perdita in peso del materiale esaminato e la sua integrità (comparsa di fessurazioni, distacchi… etc,): se nell’aggregato, infatti, sono presenti microfessure, piani di sfaldatura preferenziali piccole cricche… etc. esse vengono riempite da una soluzione salina, che nella fase di essiccamento, renderà possibile la cristallizzazione del solfato di sodio o di magnesio. La cristallizzazione è un processo che fa comparire una fase solida (cristalli) per effetto dell’evaporazione del solvente (acqua); tutto ciò si verificherà con forte aumento di volume che se avverrà ripetutamente all’interno di una microfessura potrà provocare la separazione di parti di aggregato (il processo descritto è analogo ai cicli di gelività, dove l’agente disgregante è l’acqua che solidifica per effetto delle basse temperature).

 

3.5 Potential Reactivity of Aggregates (Chemical Method) – ASTM C 289

 

Permette di valutare chimicamente se un aggregato contiene sostanze capaci di reagire con gli alcali del cemento. I risultati della prova, riportati su un diagramma, ricavato da esperienze condotte su una casistica abbastanza elevata, consentono di definire l’inerte: reattivo, potenzialmente reattivo, non reattivo con gli alcali cootenuti nel cemento.

 

3.6 Potential Reactivity of Cement-Aggregates Combinations (Mortar Bar Method) – ASTM C 227

 

Consente di valutare l’espansione che un aggregato, considerato reattivo o potenzialmente reattivo, in combinazione con un definito tipo di cemento può dare per effetto delle reazioni che, in certe condizioni, si verificano tra gli alcali contenuti nel cemento e particolari composti presenti negli inerti (silice non cristallina).

 

3.7 Potenziai Alkali Reactivity of Carbonate Rocks for Concrete Aggregates (Rock Cylinder Method) – ASTM C286

 

Consente di valutare il grado di espansione delle rocce carbonatiche che contengono inclusioni di composti in grado di reagire con gli alcali contenuti in certe quantità nei cementi.

 

3.8 Analisi chimica delle rocce

 

L’analisi consente di stabilire la composizione di una roccia: con opportune elaborazioni è possibile ricavare valutazioni quantitative delle specie minerali che compongono questo materiale naturale ed avere le necessario informazioni indispensabili all’uso specifico (inerti per calcestruzzo e conglomerati in generale, terreno più o meno aggressivo… etc.). L’analisi chimica quantitativa può essere richiesta corredata da analisi diffrattometrica a RX per meglio individuare dal punto di vista mineralogico, le varie specie presenti.

 

4. ADDITIVI ED AGENTI ESPANSIVI PER IMPASTI CEMENTIZI

 

Con il progresso tecnologico ed in relazione alle necessità pratiche di cantiere, negli anni si sono imposti anche nel settore dei conglomerati cementizi, dei prodotti che aggiunti in piccole dosi contribuiscono a migliorare caratteristiche intrinseche o estrinseche del semi-lavorato a base di cemento. Tali prodotti vengono definiti e classificati dalla norma UNI EN 934-2: altre norme prevedono, per ogni singolo prodotto.

 

4.1 UNI EN 934-2

 

Additivi fluidificanti

 

4.2 UNI EN 934-2

 

Additivi aeranti

4.3 UNI EN 934-2

Additivi ritardanti

 

4.4 UNI EN 934-2

 

Additivi acceleranti

4.5 UNI 10765

 

Additivi fluidificanti-ritardanti

 

4.6 UNI 10765

 

Additivi fluidificanti-acceleranti

 

4.7 UNI 7109

 

Additivi antigelo

 

4.8 UNI EN 934-2

 

Additivi superfluidifìcanti

Di seguito vengono riportate le metodologie di prova che consentono di valutare determinate caratteristiche degli additivi.

 

4.9 UNI 7110 – Determinazione della solubilità in acqua distillata ed in acqua satura di calcio

 

Il metodo serve per stabilire la solubilità in acqua dell’additivo: in presenza di cemento infatti, S’acqua di impasto assume un pH nettamente alcalino e può, a seconda del tipo di cemento, arricchirsi più o meno di calce per effetto dell’idrolisi dei componenti chimici del legante.

 

4.10 UNI EN 480-8 – Determinazione del tenore di sostanza secca

 

Tale prova ha lo scopo di valutare globalmente il contenuto in sostanze disciolte nell’additivo liquido dopo che si è fatta evaporare l’acqua. Si possono avere, quindi, utili indicazioni sulla costanza di produzione, una volta qualificato anche con altre determinazioni ogni singolo prodotto.

 

4.11 UNI 7112 – Determinazione delle sostanze zuccherine riducenti

 

Il metodo serve per determinare il contenuto di uno dei principali componenti attivi di alcuni additivi (fluidificanti e ritardanti) e, come per altre determinazioni per valutare costanze di produzione più che dei limiti standard non prefissati da alcuna norma o legge.

 

4.12 Determinazione dei ligninsulfonati presenti

 

Il metodo serve per valutare la concentrazione dei ligninsulfonati che sono dei componenti attivi di alcuni additivi (fluidificanti, ritardanti… etc.): per il resto vale quanto già detto per le precedenti determinazioni. Questa metodologia non è più prevista dalle norme UNI in quanto un reattivo che si usava nel metodo è considerato cancerogeno: in assenza di altri metodi questo può rimanere ancora praticamente valido.

 

4.13 UNI 7114 – Determinazione del potere schiumogeno degli additivi aeranti e fluidificanti – aeranti

 

Il metodo serve a valutare se l’agente che produce l’effetto aerante sia ben equilibrato nella formulazione del prodotto che lo contiene; infatti una scarsa stabilità del prodotto ovvero un elevato potere schiumogeno potrebbe indurre, nel conglomerato nel quale è stato aggiunto l’additivo, un effetto aerante maggiore del previsto e quindi conseguenze negative per la durabilità del manufatto.

 

4.14 UNI 7115 – Determinazioni della densità degli additivi liquidi o in soluzione

 

Il metodo serve a definire la densità di ogni singolo prodotto; può essere utile per controlli di costanza qualitativa ed, inoltre, per confronti economici (vedere costi al Kg ovvero al litro) tra prodotti che danno effetti o risultati all’impiego del tutto analoghi.

 

4.15 UNI 7116 – Determinazione dell’alcalinità

 

Gli additivi sia solidi che liquidi vengono, in fase di impasto, a contatto con l’acqua. Questa prova serve a determinare il grado di alcalinità (basicità) del prodotto nelle stesse concentrazioni (solido o disciolto in acqua) con il quale verrà impiegato.

 

4.16 UNI 7117 – Determinazione della tensione superficiale di soluzioni contenenti additivo

 

Uno degli effetti degli additivi è quello di aumentare il potere bagnante dell’acqua soprattutto nei confronti del cemento con il quale l’acqua dovrà chimicamente reagire. Abbassare la tensione superficiale dell’acqua è appunto un modo per aumentarne il potere bagnante e quindi rendere più facile un pronto ed intimo contatto acqua/grano di cemento. Altra utilità della prova è sempre quella di valutare la costanza produttiva.

 

4.17 UNI 7118 – Determinazione della concentrazione idrogenionica (pH) di soluzioni contenenti additivi

 

Il metodo serve a valutare il pH delle soluzioni acquose contenenti gli additivi; sotto certi aspetti non sono desiderati valori bassi (acidi) di pH più per evitare sgradevoli sensazioni o irritazioni cutanee agli operatori che per motivazioni di carattere tecnico. Sono infatti improbabili corrosioni di casseforme metalliche e dei ferri di armatura come invece comunemente si crede poiché l’impasto acqua/cemento da luogo ad una soluzione salina altamente alcalina ed in grado di neutralizzare abbondantemente il piccolo contributo eventualmente acido derivante dall’additivo.

 

4.18 UNI EN 480-10 – Determinazione del tenore di cloruri solubili in acqua

 

Il metodo ha lo scopo di definire il contenuto di cloruri eventualmente presenti. Bisogna considerare che alcuni prodotti vengono posti in commercio sotto forma liquida e con la denominazione “esenti da cloruro”; è diverso però se i cloruri sono presenti in piccolissime quantità poiché contenuti nell’acqua con la quale vengono disciolte le varie sostanze che costituiscono i principi attivi di ogni singolo prodotto; se sono presenti in sensibili quantità questo vuoi dire che il prodotto contiene un cloruro come principio attivo (fluidificanti, acceleranti… etc.).

 

4.19 UNI 7120 – Determinazione dei tempi di inizio e fine presa delle paste cementizie contenenti antigelo

 

La norma UNI EN 934-2 definisce additivi antigelo tutte quelle sostanze che abbassano il punto di congelamento dell’acqua di impasto od accelerano, alle basse temperature, i processi, di presa e di indurimento degli impasti cementizi. Questi prodotti, quindi, devono esplicare la loro azione specifica senza influenzare negativamente, almeno entro certi limiti, le altre caratteristiche degli impasti. Questa prova pertanto serve a quantificare come un certo additivo, in presenza di un definito tipo di cemento, influisce, a basse temperature (5 gradi centigradi), sui fenomeni di presa.

 

4.20 Altre prove su additivi per impasti cementizi

 

Ulteriori determinazioni su questi prodotti possono essere effettuate quando se ne ravveda la necessità; tali prove sono comunque contenute nelle norme UNI e possono essere articolate sia sui prodotti tal quali ed in soluzione di impiego (additivi) come su paste, malte e calcestruzzi; tutte hanno comunque lo scopo di verificare se l’additivo o gli additivi presi in es. sono in grado di svolgere la loro azione specifica senza influenzare negativamente, almeno entro certi limiti, le altre caratteristiche degli impasti.

Per maggiori dettagli si rimanda alle norme specifiche previste per ogni prodotto. A titolo esemplificativo si ricorda che altre prove possono essere:

— Determinazione delle sostanze di base caratterizzanti l’attività dell’additivo;

— Quantità di acqua necessaria a confezionare la pasta normale (in presenza di additivo);

— Prova di stabilità di volume della pasta normale;

— Determinazione della consistenza di una malta contenente additivo mediante l’impiego della tavola a scosse;

— Prove di resistenza meccanica di malte contenenti additivo;

— Prove di ritiro di una malta additivata.

Nel caso di lavori all’estero o per capitolati che prevedono l’impiego di norme straniere il settore è attrezzato per fornire assistenza analoga a quella prevista nel caso di utilizzo di norme nazionali.

 

4.21 UNI 8146 – Agenti espansivi non metallici per impasti cementizi

 

Si definiscono, in questa norma, l’idoneità ed i relativi metodi di controllo degli agenti espansivi non metallici, cioè quei prodotti che aggiunti in opportuna quantità al legante impiegato, generano una determinata azione espansiva. Le prove previste vengono eseguite:

— Sul prodotto tal quale;

— Su pasta;

— Su malta;

— Su calcestruzzo;

secondo metodologie normalizzate.

 

4.22 UNI 8147 – Determinazione dell’espansione contrastata della malta contenente l’agente espansivo

 

Viene misurata l’espansione che è in grado di sviluppare una malta contenente l’agente espansivo in condizioni di espansione contrastata.

 

5. MATERIALI METALLICI

 

Nelle costruzioni l’impiego di questi materiali è abbastanza diffuso, si pensi all’acciaio per le armature, per il precompresso, per le strutture metalliche, al rame per le rubinetterie, al piombo per raccordi e tratti di tubazioni di scarico, alle lamiere zincate e così via. In questo capitolo brevemente accenneremo alle principali prove avvisando il lettore che tutto ciò che compare non esaurisce il discorso sulle determinazioni e sulle indagini che possono effettuarsi in questo campo.

 

5.1 Materiali metallici ferrosi (acciai e ghise)

 

5.1.1 Analisi chimica per la determinazione del tenore degli elementi

Serve a stabilire la concentrazione dei vari elementi contenuti nell’acciaio per stabilire, assieme alle prove fisiche, la corrispondenza alle varie classi di appartenenza:

 

Acciai al carbonio

 

— Acciai extra-dolci >0,1 % di C

— Acciai dolci da 0,1 a 0,3 % di C

— Acciai semiduri da 0,3 a 0,45 % di C

— Acciai duri da 0,45 a 0,65 % di C

— Acciai extra-duri <0,65 % di C

Mediante opportuni trattamenti termici degli acciai, si possono ottenere migliori caratteristiche meccaniche.

Tali processi sono:

— La ricottura (ottenere fasi costituenti omogenee)

— La tempra (migliora la durezza e la resistenza)

— I trattamenti isotermici (migliorano la lavorabilità e la plasticità).

Secondo le norme europee (CECA) gli acciai al carbonio vengono contraddistinti con il simbolo Fe seguito da un numero che indica la resistenza minima alla rottura per trazione; il contenuto di carbonio è identificato dal simbolo C seguito dalla percentuale moltiplicata per cento. Con i simboli A, B, C e D si indica lo stato di affinazione determinato con la prova di resistenza a freddo:

— A indica nessuna resistenza

— B indica resistenza minima, a temperatura ordinaria, di 3,5 Kg/cmq

— C indica resistenza minima a 0 gradi centigradi di 3,5 Kg/cmq

— D indica resistenza minima a — 20 gradi centigradi di 3,5 Kg/cmq.

Questi simboli, seguiti da un indice 1, identificano un acciaio comune; con gli indici 2 e 3 si denotano gli acciai di qualità, cioè acciai che contengono bassi tenori di zolfo (S) e fosforo (P) e quindi particolarmente adatti ad essere lavorati (per esempio, piegati a freddo). Esempio:

Fe 42 C 45 B2

è un acciaio di qualità con 0,45 % di carbonio, resistenza a trazione minima di 42 Kg/mmq, resistenza minima di 3,5 Kg/cmq e con un basso contenuto di S e P.

 

Acciai legati

 

Sono acciai che contengono altri elementi (Cr, Mo, Mn, Ni… etc.), che contribuiscono a conferire loro particolari caratteristiche. Vengono così identificati:

— Il primo numero indica il contenuto di C moltiplicato per cento

— Un simbolo o i simboli degli elementi presenti

— Un secondo numero di una o due cifre, rappresenta la percentuale dell’elemento presente in massima concentrazione (quello indicato per primo).

Quando la concentrazione dell’elemento non supera il 5 % , essa viene moltiplicata per 4 nel caso di Cr, Mo, Mn, Ni, Si e per 10 nel caso degli altri; oltre il 5 % si da il valore effettivo preceduto dal segno X. Esempio:

35 Cr 4 = acciaio al cromo con 0,35 % di carbonio (C) e 1 % di cromo (Cr)

30 Ni Cr Mo 12 = acciaio con 0,3 % di carbonio (C), 3 % di nichel (Ni) e minori quantità di cromo (Cr) e molibdeno (Mo)

X 12 Cr Ni 18 8 = Acciaio allo 0,12 % di C, 18 % di Cr e 8 % di Ni.

 

Acciai basso-legati

 

Sono acciai contenenti piccole percentuali di elementi di lega che hanno la funzione di migliorare la temprabilità, la resistenza alla corrosione od altre caratteristiche. Sono famosi: quelli al cromo-nichel, facilmente temprabili; quelli al cromo-manganese ed al cromo molibdeno, ad alta temprabilità: quelli denominati COR-TEN o MANTEN o similmente che hanno un elevato limite di snervamento, sono saldabili, e se presente il rame (Cu) hanno una discreta resistenza alla corrosione atmosferica.

 

Acciai per usi speciali

 

Sono tutti quelli che hanno un elevato contenuto in lega. Molto noti sono gli acciai inossidabili (ad alto contenuto di cromo e i nichel) quali, ad esempio, quelli comunemente denominati 18/8 ma più esattamente, definiti X 12 Cr Ni 18 8, come sono anche conosciuti quelli per utensili, che generalmente possiedono un elevato contenuto di carbonio (1-1,4 %).

 

Le ghise

 

Sono leghe ferro-carbonio contenenti dal 2 al 4% di carbonio. È un materiale molto più economico dell’acciaio, possedendo caratteristiche meccaniche scadenti. Esistono vari tipi adatti per diversi impieghi.

 

5.2 Materiali metallici non ferrosi

 

5.2.1 Rame e sue leghe

 

Le determinazioni analitiche servono per. stabilire il grado di purezza del metallo definendo quantitativamente la percentuale di altri elementi presenti (Zn, Al, Sn… etc.).

 

5.2.2 Alluminio e sue lege

 

Vale quanto detto per il rame.

 

5.2.2.0 Alluminio anodizzato

5.2.2.1 Determinazione dello spessore degli strati di ossido anodico

 

Le prove servono a definire lo spessore di ossido anodico formato con procedimento galvanico su profilati di alluminio; diverse classi di spessore definiscono profilati adatti all’uso in ambienti diversi (rurale, cittadino, industriale, marino). Le metodologie impiegate sono varie e previste dalle norme UNI, tuttavia la più affidabile è quella eseguita con il metodo gravimetrico, secondo quanto previsto dalla norma UNI 3367.

 

5.2.2.2 Controllo del fissaggio degli strati di ossido anodico

 

Serve a controllare che un certo strato, più o meno spesso, di ossido anodico formato su un profilato sia correttamente fissato, per evitare deterioramenti non desiderati derivanti da uno scarso fissaggio dello strato di ossido, magari ottenuto in spessore più che sufficiente per l’uso al quale è destinato il profilato.

 

5.2.3. Zinco e sud leghe

 

Vale quanto detto per il rame.

5.2.3.1 Determinazione della massa dello strato di zincatura

Spesso lo zinco viene utilizzato per proteggere efficacemente ma economicamente l’acciaio dalla corrosione atmosferica. Questa prova serve a determinare lo spessore dello strato di zincatura. Il metodo impiegato è quello previsto dalla norma UNI EN ISO 1460.

5.2.3.2 Prova di uniformità dello strato di zincatura

Oltre che depositato in adeguato spessore, lo zinco, per esplicare il suo effetto protettivo, deve essere depositato in maniera uniforme. Con la metodica prevista dalla UNI 5743-66, si verifica appunto tale uniformità.

 

5.3 Esami metallografici

 

All’occorrenza possono essere effettuati esami macroscopici e microscopici adatti a porre in evidenza le fasi componenti di un metallo. Le indagini possono essere eseguite secondo le modalità contenute dalle norme UNI sull’argomento o con altre procedure standardizzate. L’esame viene condotto su sezioni lucidate, trattate e osservate al microscopio. Eventuali alterazioni possono venire documentate con foto al microscopio.

 

6. ARGILLE, PRODOTTI CERAMICI, REFRATTARI E VETRI

 

Molteplici sono gli impieghi di questi prodotti. I laterizi, infatti, vengono applicati ed utilizzati per murature, coperture e finiture esterne ed interne, mentre i materiali ceramici vengono prevalentemente utilizzati per pavimentazioni interne ed esterne e soprattutto nei locali destinati ai servizi. Anche in questo caso le indagini di laboratorio tendono a stabilire delle caratteristiche qualitative.

 

6.1 Laterizi

 

6.1.1 Determinazione dei sali solubili totali

 

Serve a stabilire il contenuto di sali solubili (cloruri, carbonati solfati… etc.) presenti a causa del danno estetico che queste sostanze possono arrecare se affiorano, in quantità sensibili, sulle superfici dei manufatti. Può capitare che elevati tenori di sali solubili diano luogo ad efflorescenze tali da non rendere possibile, per esempio, una buona adesione dell’intonaco su pareti costituite da mattoni o blocchi in laterizio. La prova viene effettuata in base a quanto previsto dal R.D. 16/11/1939 n. 2233.

 

6.1.2 Determinazione dei solfati alcalini

 

Vale quanto già detto per i sali solubili totali. Il R.D. 16/11/1939 n. 2233 prevede un limite massimo per il contenuto di solfati alcalini.

 

6.2 Piastrelle in ceramica smaltata

 

6.2.1 Resistenza dello smalto all’attacco acido

 

Questa prova serve a valutare il grado di resistenza della parte smaltata delle piastrelle, per effetto dell’azione di sostanze a comportamento acido (aceto, latte… etc.).

 

6.2.2 Resistenza dello smalto all’attacco basico

 

Come per il caso precedente ma per sostanze a comportamento alcalino (soda, detersivi… etc.).

 

6.2.3 Resistenza dello smalto alle macchie

 

Serve a stabilire il grado di resistenza alle sostanze in grado di produrre macchie difficilmente asportabili dalle piastrelle; è indirettamente una prova del grado di porosità della parte smaltata di questi materiali.

 

6.3 Grès

 

6.3.1 Resistenza all’attacco chimico su piastrelle di grès

 

Il grès si differenzia da una comune ceramica per l’elevato grado di cottura, per la bassissima capacità ad assorbire acqua e per altre caratteristiche fisico-chimiche. Questa prova serve a valutare il grado di resistenza del materiale ad un attacco chimico acido e basico; minore sarà il materiale disciolto, per effetto di questo duplice attacco, migliore sarà la qualità del materiale dal punto di vista dei componenti stabilizzati per cottura.

 

6.4 Altre determinazioni

 

A seconda delle esigenze potranno, di volta in volta, essere concordate analisi e prove che rivestono importanza specifica per l’uso al quale il materiale è destinato ovvero secondo norme diverse da quelle riportate.

 

7. PITTURE, VERNICI, MATERIE PLASTICHE E RESINE

 

Questi prodotti vengono sempre più diffusamente impiegati anche nel settore delle costruzioni. L’argomento è molto vasto; si vuole qui sottolineare che spesso, più della composizione del materiale, interessa la riuscita che quest’ultimo avrà una volta applicato od utilizzato. E propriamente quest’ultima la filosofia delle prove prestazionali, alla definizione delle quali si rimanda ogni qual volta l’utente del nostro Istituto ne ravveda la necessità oppure per precise indicazioni derivanti da obblighi contrattuali. C’è da rilevare che la sinteticità dedicata a questo capitolo è motivata dall’impossibilità di trattare brevemente ma con completezza tutti i problemi connessi, per esempio, con una applicazione di una vernice o di una pittura ovvero dell’applicazione o dell’impiego di materie plastiche e resine: si pensi un attimo a quanto si dovrebbe scrivere per trattare dei numerosissimi tipi di supporti, degli altrettanti numerosi casi di preparazione degli stessi, per finire con i molteplici tipi di prodotti vernicianti. Per le materie plastiche e le resine ovviamente vale un analogo discorso. In questo settore, come in altri, i ricercatori dell’Istedil possono fornire opera di consulenza, tale argomento viene affrontato ed illustrato nel capitolo dedicato alla “Assistenza specialistica”.

 

8. LEGNO

 

Con il nome di legno si indica generalmente il materiale ricavato dall’intero albero o da una parte di esso; come materiale impiegato nel settore delle costruzioni interessa generalmente solo il tronco. La quasi totalità del legno da lavoro viene fornita dalle dicotiledoni (acero, castagno, faggio… etc.) e dalle conifere (abete, larice, pino… etc.); ordinariamente il legno delle latifoglie è considerato duro, quello delle conifere tenero.

 

8.1 Determinazione microscopica dell’essenza di legno

 

Mediante questa determinazione è possibile definire inequivocabilmente a quale essenza (specie e famiglia) il legno appartiene. Nel caso di speci pregiate usate per arredi o finiture interne (porte, finestre, rivestimenti, pannelli di tramezzatura… etc.) è particolarmente importante avere la certezza che il manufatto in legno consegnato sia del medesimo tipo di quello ordinato.

 

8.2 Altre determinazioni

 

A richiesta potranno essere effettuate prove ed analisi previste da norme od accordi contrattuali specifici.

 

9. BITUMI, ASFALTI, COMBUSTIBILI, ETC.

 

Questa serie di materiali comprende:

— Bitumi da spalmatura

— Mastice di rocce asfaltiche o asfalto sintetico

— Asfalti colati

— Malte asfaltiche

— Lubrificanti

— Carburanti

di seguito viene riportato un breve elenco delle principali determinazioni di carattere prettamente chimico.

 

9.1 Determinazione dei carbonati presenti (UNI 4383)

 

9.2 Determinazione delle sostanze insolubili in acido cloridrico (UNI 4384)

 

9.3 Determinazione della viscosità

 

9.4 Determinazione del contenuto d’acqua (Marcusson)

 

9.5 Determinazione dello zolfo

 

9.6 Temperatura di infiammabilità

 

9.7 Comportamento alle basse temperature

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CHIMICA APPLICATA

1.ACQUE

1.1 Analisi per uso potabile
1.2 Analisi per l’uso in impianti termici
1.3 Analisi di acque di scarico
1.4 Analisi per idoneità all’impasto di malte e calcestruzzi

2. LEGANTI AEREI ED IDRAULICI, MALTE E CALCESTRUZZI

2.1 Gessi

2.1.0 Definizione e scopo delle determinazioni
2.1.1 Fisiche2.1.1.1 Granulometria
2.1.1.2 Impasto normale
2.1.1.3 Tempo di presa
2.1.1.4 Tempo di attesa, tempo di idratazione totale ed espansione lineare
2.1.1.5 Durezza, resistenza a trazione, resistenza a flessione, resistenza a compressione
2.1.2 Chimiche2.1.2.1 Tenore di acqua totale di costituzione, tenore di solfato di calcio totale e tenore di sostanze estranee al solfato di calcio totale

2.2 Calci aeree ed idrauliche

2.2.0 Scopo delle determinazioni

(L’istituto, nell’ambito della Marcatura CE delle calci da costruzione, è Organismo Notificato di Certificazione ed Ispezione – Sistema di Attestazione 2.)

2.3 Cementi

2.3.0 Definizione e scopo delle determinazioni previste dalla EN 196
2.3.1 Fisiche2.3.1.1 Tempo di inizio presa (EN 196-3)
2.3.1.2 Finezza
2.3.1.3 Prova di indeformabilità
2.3.1.4 Prove meccaniche
2.3.2 Prove chimiche
Prove comuni a tutti i cementi2.3.1.1 Perdita al fuoco
2.3.2.2 Residuo insolubile
2.3.2.3 Contenuto di SO3
2.3.2.4 Contenuto di MgO
Prove particolari2.3.2.5 Contenuto di AL2O3 (per i cementi alluminosi)
2.3.2.6 Contenuto di zolfo da solfuri (per i cementi d’alto forno)
2.3.2.7 Saggio di pozzolanicità
2.3.2.8 Prova di espansione in autoclave
2.3.3. Determinazioni e prove secondo altre normative
2.3.3.1 Determinazione della finezza mediante permeabilimetro ad aria (Blaine) – UNI 7374
2.3.3.2 Calore di idratazione dei cementi con il metodo per soluzione – UNI 7208
2.3.3.3 Contenuto di alcali nel cemento – ASTM C114
2.3.3.4 Malta normale – Determinazione del ritiro idraulico – UNI 6687
2.3.3.5 Determinazione della consistenza delle malte cementizie mediante l’impiego di tavola a scosse – UNI 7044
2.3.3.6 Malta normale – determinazione del contenuto di aria – UNI 7121
2.3.3.7 Malta normale – determinazione della resistenza alla penetrazione e dei tempi di inizio e fine presa – UNI 7927
2.3.3.8 Calcestruzzo indurito – determinazione del contenuto di cemento (metodo Florentin) – UNI 6505
2.3.3.9 Calcestruzzo – determinazione della permeabilità dello ione cloruro – UNI 7928
2.3.3.10 Calcestruzzo – determinazione della permeabilità allo ione solfato – UNI 8019

(L’istituto, nell’ambito della Marcatura CE dei cementi, è Organismo Notificato di Prova – Sistema di Attestazione 2+.)

3. AGGREGATI PER LA CONFEZIONE DI MALTE E CALCESTRUZZI – ROCCE

3.1. Determinazione colorimetrica del contenuto di impurezze organiche degli aggregati fini – UNI 7466
3.2. Determinazione dei solfati
3.3 Determinazione dei cloruri
3.4 Sondness of Aggregates – ASTM C 88
3.5 Potential Reactivity of Aggregates (Chemical Method) – ASTM C 289
3.6 Potential Reactivity of Cement-Aggregates Combinations (Mortar Bar Method) – ASTM C 227
3.7 Potenziai Alkali Reactivity of Carbonate Rocks for Concrete Aggregates (Rock Cylinder Method) – ASTM C286
3.8 Analisi chimica delle rocce

(L’istituto, nell’ambito della Marcatura CE degli aggregati, è Organismo Notificato di Certificazione ed Ispezione – Sistema di Attestazione 2+.)

 

4. ADDITIVI ED AGENTI ESPANSIVI PER IMPASTI CEMENTIZI

4.1 UNI EN 934-2 – Additivi fluidificanti
4.2 UNI EN 934-2 – Additivi aeranti
4.3 UNI EN 934-2 – Additivi ritardanti
4.4 UNI EN 934-2 – Additivi acceleranti
4.5 UNI 10765 – Additivi fluidificanti-ritardanti
4.6 UNI 10765 – Additivi fluidificanti-acceleranti
4.7 UNI 7109 – Additivo antigelo
4.8 UNI EN 934-2 – Additivo superfluidificante
4.9 UNI 7110 – Determinazione della solubilità in acqua distillata ed in acqua satura di calcio
4.10 UNI 7111 – Determinazione del tenore di sostanza secca
4.11 UNI 7112 – Determinazione delle sostanze zuccherine riducenti
4.12 UNI 7113 – Determinazione dei ligninsulfonati presenti
4.13 UNI 7114 – Determinazione del potere schiumogeno degli additivi aeranti e fluidificanti – aeranti
4.14 UNI 7115 – Determinazioni della densità degli additivi liquidi o in soluzione
4.15 UNI 7116 – Determinazione dell’alcalinità
4.16 UNI 7117 – Determinazione della tensione superficiale di soluzioni contenenti additivo
4.17 UNI 7118 – Determinazione della concentrazione idrogenionica (pH) di soluzioni contenenti additivi
4.18 UNI 7119 – Determinazione del doro
4.19 UNI 7120 – Determinazione dei tempi di inizio e fine presa delle paste cementizie contenenti antigelo
4.20 Altre prove su additivi per impasti cementizi
4.21 UNI 8146 – Agenti espansivi non metallici per impasti cementizi
4.22 UNI 8147 – Determinazione dell’espansione contrastata della malta contenente l’agente espansivo

5. MATERIALI METALLICI

5.1 Materiali metallici ferrosi (acciai e ghise)

5.1.1 Analisi chimica per la determinazione del tenore degli elementi Acciai al carbonio
Acciai legati
Acciai basso-legati
Acciai per usi speciali
Le ghise
5.2 Materiali metallici non ferrosi

5.2.1 Rame e sue leghe
5.2.2 Alluminio e sue leghe
5.2.2.2 Controllo del fissaggio degli strati di ossido anodico
5.2.3. Zinco e sud leghe
5.3 Esami metallografici

6. ARGILLE, PRODOTTI CERAMICI, REFRATTARI E VETRI

6.1 Laterizi

6.1.1 Determinazione dei sali solubili totali
6.1.2 Determinazione dei solfati alcalini
6.2 Piastrelle in ceramica smaltata

6.2.1 Resistenza dello smalto all’attacco acido
6.2.2 Resistenza dello smalto all’attacco basico
6.2.3 Resistenza dello smalto alle macchie
6.3 Grès

6.3.1 Resistenza all’attacco chimico su piastrelle di grès6.4 Altre determinazioni

7. PITTURE, VERNICI, MATERIE PLASTICHE E RESINE

8. LEGNO

8.1 Determinazione microscopica dell’essenza di legno
8.2 Altre determinazioni

9. BITUMI, ASFALTI, COMBUSTIBILI, ETC.

9.1 Determinazione dei carbonati presenti (UNI 4383)
9.2 Determinazione delle sostanze insolubili in acido cloridrico (UNI 4384)
9.3 Determinazione della viscosità
9.4 Determinazione del contenuto d’acqua (Marcusson)
9.5 Determinazione dello zolfo
9.6 Temperatura di infiammabilità
9.7 Comportamento alle basse temperature